Exhibition at Horst Schuler’s - Düsseldorf 20-2/20-3 1999
ANTONIO SCACCABAROZZI
Alchimia, Luce e Colore
Veli colorati di una forma geometrica elementare come segrete o camuffate scritture sono premute delicatamente al muro, oppure sono sospese a una certa distanza dal muro, o sembrano fluttuare liberamente nello spazio. Anche quando appoggiano sul muro non aderiscono completamente al piano, la loro fragile presa richiama il lasciarsi avvolgere da un alito di vento contro la ruvida superficie. Di fronte al muro dialogano con la loro ombra che sembra avere più consistenza della materialità stessa dell’oggetto.
I caratteri geometrici dei colori distillati ci mettono a confronto con l’essenza della luce vissuta. Sebbene il materiale (plastica) sia altamente sintetico, sembra piuttosto appartenere alla natura materializzata in sensazione luminosa. La pellicola somiglia a pelle colorata, mostra tracce di piegature, sgualciture, e raggrinzamenti che rimandano alle linee della mano. Queste vestigia convogliano i segni incolori in intensa presenza attraverso tattili e delicate qualità. Le grinze cedono al colore artificiale della pellicola una qualità fisica che trasforma il manufatto in una epidermide quasi naturale.
L’osmosi fra colore-luce e forma trasforma il materiale stesso: La plastica diventa una “nuovissima natura” sviluppando differenti tangibili qualità, qualche volta ali di libellula, talvolta strato di panna raggrinzito,o morbido petalo, o texture della seta. La luce qui è materializzata all’interno del colore come se fosse sostanza concreta.
Questa specifica “alchimia” (Shanahan) è una caratteristica genuina del lavoro di Scaccabarozzi.
Nella forma ortogonale della pellicola a ogni colore è dato spazio seguendo un formale regime. Ogni tono richiede la sua forma e dimensione corrispondente alla luminosità o al peso della sua specifica temperatura e densità. Le ombre hanno proprie luminosità, sono qualità di luce e non assenza di luce. Nel reticolo-membrana di Scaccabarozzi le sensazioni di colore si manifestano in immediata qualità tattile. Ogni ombra di colore ha la sua specifica tangibile e corporea presenza. Il “supporto” sembra essere stato smaterializzato a vantaggio della proprietà del colore.
Questa osmosi di colore e forma è gia stata tentata sia nelle carte ritagliate di Henri Matisse che nelle strategie sulla tela degli anni cinquanta. Più recentemente, negli anni settanta, support surface non riuscì a risolvere la dialettica dell’apparenza in pittura evocata nel suo nome. Scaccabarozzi- a proposito la stessa generazione di BMT- ha trovato la soluzione al dilemma. Mai in passato è stata raggiunta la primaria identità di luce-colore-forma in modo cosi sottile.
Scaccabarozzi permette alla luce di manifestarsi come colore e di delineare lo spazio con una scrittura primaria; alla trasparenza o alla opacità sono stati dati corpo e luce. I veli sono diafani e corporei nello stesso tempo. Richiamano a una sensazione di peso quando la loro esistenza e il materiale seguono le leggi della gravità mentre rispondono alle mosse dello spettatore reagendo a ogni soffio d’aria.
I lavori di Scaccabarozzi non sono nè oggetti nè immagini, ma creano da sé una presenza di colore. La loro leggerezza e freschezza hanno decantato una lunga tradizione di pittura. Sono elementari e distillati allo stesso tempo.
Prof.Dr.Anne-Marie Bonnet
Kunsthistorisches Institut der Universität Bonn